Dello Stockholm Resilience Centre; traduzione e introduzione di Mario Sassi; qui l’articolo originale. Immagine: Aggiornamento 2023 dei “Planetary boundaries”. Licensed under CC BY-NC-ND 3.0. Credit: “Azote for Stockholm Resilience Centre, based on analysis in Richardson et al 2023”.
E’ stata appena pubblicata una nuova ricerca che fornisce un quadro dettagliato della resilienza planetaria, con lo scopo di mappare tutti i nove processi che definiscono uno “spazio operativo sicuro per l’umanità”. Gli studi sui limiti planetari sono molto importanti per diverse ragioni: in primo luogo, ci fanno capire che il problema ecologico va ben oltre le emissioni di CO2 ed il cambiamento climatico. Inoltre, sono un modo abbastanza preciso di calcolare la “capacità di carico” del pianeta terra, cioè la sua capacità di supportare i nostri processi vitali. Come molti di noi già sanno, questa capacità è ormai superata di molto e da molti anni, come sinteticamente calcolato dall’ “Overshoot Day”. Come spiegato meglio in questo articolo, i dati relativi ai confini planetari e all’Overshoot Day ci danno la misura di quanto dovremmo ridurre l’impatto ecologico delle nostre società – cioè, in termini puramente matematici, di “quanta decrescita” avremmo bisogno.
Il tema della “capacità di carico” del pianeta è stato anche trattato durante la presentazione del libro di Jacopo Simonetta e Igor Giussani “La caduta del leviatano“, la cui registrazione è disponibile a questo link. Al minuto 55’ Jacopo ci ha spiegato come, quando gli impatti superano la capacità (di carico), la capacità comincia a diminuire, innescando così un circolo vizioso. Se gli impatti diminuiscono più di quanto diminuisca la capacità, si può arrivare ad un nuovo punto di equilibrio abbastanza buono (figura a sx). Se viceversa la diminuzione degli impatti è più lenta della diminuzione della capacità, si può arrivare al collasso completo degli ecosistemi (figura a dx). Ecco perché le attività e le politiche per il recupero e la salvaguardia degli ecosistemi sono tanto importanti quanto quelle per la riduzione degli impatti.
Qui di seguito la traduzione dell’articolo, pubblicato il 13 settembre 2023.
Dal riscaldamento globale alla biosfera e alla deforestazione, dagli inquinanti e dalla plastica ai cicli dell’azoto e all’acqua dolce: una nuova ricerca pubblicata sulla rivista Science Advances dimostra che sei dei nove confini planetari sono stati superati, mentre aumenta la pressione in tutti i processi.
“Questo aggiornamento sui confini planetari mostra chiaramente un paziente che non sta bene, poiché la pressione sul pianeta aumenta e i confini vitali vengono violati. Non sappiamo per quanto tempo potremo continuare a trasgredire questi confini fondamentali prima che le pressioni combinate portino a cambiamenti e danni irreversibili”, afferma il ricercatore del Centro e co-autore Johan Rockström, direttore dell’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico (PIK) e professore di scienze ambientali presso il Centro di resilienza dell’Università di Stoccolma.
Questo nuovo studio è il terzo sulla importante valutazione del quadro dei confini planetari, introdotto per la prima volta nel 2009. È il primo a fornire un check-up completo di tutti i nove processi e sistemi che mantengono la stabilità e la resilienza del nostro pianeta. Sebbene il superamento di un confine non equivalga a cambiamenti drastici che avvengono da un giorno all’altro, quando più confini vengono superati insieme, ciò segna una soglia critica per l’aumento dei rischi per le persone e gli ecosistemi di cui facciamo parte.
“Non sappiamo per quanto tempo potremo continuare a trasgredire questi confini chiave prima che le pressioni combinate portino a cambiamenti e danni irreversibili.” Johan Rockström, coautore e ricercatore del Centro
L’autrice principale, Katherine Richardson, docente di oceanografia biologica e leader del Sustainability Science Centre dell’Università di Copenhagen, spiega ulteriormente: “Possiamo pensare alla Terra come a un corpo umano e ai confini planetari come alla pressione sanguigna. Un valore superiore a 120/80 non indica un attacco cardiaco certo, ma aumenta il rischio e, pertanto, lavoriamo per ridurre la pressione sanguigna. Il limite per l’assottigliamento dell’ozono è stato superato negli anni ’90, ma grazie alle iniziative globali, catalizzate dal Protocollo di Montreal, questo limite non viene più superato”.
Aerosol, nuove entità e acqua dolce
Nuove prove scientifiche consentono ora al team di quantificare il limite del carico di aerosol atmosferico. Questo confine non è ancora stato superato, ma l’aumento della pressione è evidente in vaste regioni dove l’inquinamento da particelle atmosferiche ha un impatto sui sistemi monsonici.
Il confine delle nuove entità è stato ora quantificato e la valutazione conferma che è stato superato. Esso comprende l’introduzione e l’accumulo di tutti i nuovi composti chimici creati dall’uomo, come le microplastiche, i pesticidi e le scorie nucleari.
Il confine dell’acqua dolce ora riguarda sia l’acqua verde (acqua invisibile, trattenuta dal suolo e dalle piante nelle fattorie, nelle foreste ecc.) che l’acqua blu (acqua visibile nei fiumi, nei laghi ecc.) – entrambi i confini sono violati.
Un’altra novità è l’introduzione di un nuovo approccio per la valutazione dinamica dell’integrità della biosfera. Questo approccio dimostra inconfutabilmente che il funzionamento degli ecosistemi è compromesso e mostra che il confine era già stato oltrepassato durante la fine del XIX secolo, quando l’agricoltura e la silvicoltura globali hanno conosciuto le prime grandi espansioni.
“La Terra è un pianeta vivente, quindi le conseguenze sono impossibili da prevedere” Sarah Cornell, coautrice e ricercatrice del Centro.
Comprendere il clima e gli ecosistemi del pianeta come un sistema
Alla luce di questi nuovi risultati, i ricercatori sottolineano che la resilienza della Terra va ben oltre il cambiamento climatico.
“Il quadro dei confini planetari aiuta gli scienziati a tracciare e comunicare come queste crescenti pressioni stanno destabilizzando il nostro pianeta. La Terra è un pianeta vivente, quindi le conseguenze sono impossibili da prevedere. Per questo motivo stiamo lavorando sempre di più con i politici, le imprese e la società in generale per cercare di mitigare le pressioni su tutti i confini”, sottolinea la co-autrice Sarah Cornell dello Stockholm Resilience Centre dell’Università di Stoccolma.
“Il limite per l’impoverimento dell’ozono è stato superato negli anni ’90, ma grazie alle iniziative globali, catalizzate dal Protocollo di Montreal, oggi siamo rientrati all’interno di questo limite” Katherine Richardson, autore principale.
L’impiego di modelli e simulazioni computerizzati completi ha svolto un ruolo fondamentale nello studio. I modelli computerizzati del funzionamento del sistema Terra sono utilizzati per studiare le interazioni tra clima ed ecosistemi della biosfera. Sono state effettuate simulazioni per diverse centinaia di anni nel futuro, per tenere conto non solo dei processi che reagiscono in modo relativamente rapido ai cambiamenti, ma anche di quelli molto più lenti del sistema Terra, che in ultima analisi determinano l’esito dei cambiamenti ambientali causati oggi.
“La scienza e il mondo intero sono davvero preoccupati per tutti gli eventi climatici estremi che colpiscono le società di tutto il pianeta, mentre stiamo attraversando il terzo El Niño amplificato dall’uomo in soli 25 anni. Ma ciò che ci preoccupa ancora di più sono i crescenti segnali di diminuzione della resilienza planetaria, manifestati dal superamento dei confini planetari, che ci avvicinano ai punti critici e chiudono la possibilità di mantenere il limite climatico planetario di 1,5°C”, afferma Johan Rockström.
La nuova valutazione dei confini planetari sottolinea gli stretti e complessi legami tra le persone e il pianeta e fornisce una base per sforzi più sistematici per proteggere, recuperare e ricostruire la resilienza della Terra.
“In definitiva, mette in evidenza le conseguenze ambientali del vivere nell’Antropocene e la nostra responsabilità come amministratori del pianeta”, conclude il coautore Ingo Fetzer dello Stockholm Resilience Centre dell’Università di Stoccolma.
La ricerca completa è disponibile a questi link in inglese o in italiano (traduzione NON nostra).