Del Gruppo Pedagogia
Né apocalittici né integrati. Questa potrebbe essere la sintesi del messaggio che Simone Lanza, pedagogista italiano e studioso dell’impatto del digitale sull’apprendimento, ha lanciato il 27 e 28 marzo in un corso di aggiornamento per insegnanti sul tema della gestione del tempo schermo tenutosi presso l’Istituto Superiore di Istruzione di Barga in provincia di Lucca.
Simone Lanza, membro storico dell’Associazione per la decrescita, è autore del recente volume “Perdere tempo per educare. Educare all’utopia nell’epoca del digitale”, con prefazione di Serge Latouche nonché del recente libro intervista a Serge Latouche “Il tao della decrescita. Educare a equilibrio e libertà per riprenderci il futuro” sul tema dell’elaborazione di nuovi modelli pedagogici per uscire dal vicolo cieco della società della crescita.
Negli ultimi anni Simone si è occupato della questione del digitale prima di tutto come maestro di sostegno e poi conducendo ricerche presso l’Università Bicocca di Milano. Con Corecom Lombardia ha ultimato una ricerca di analisi delle posizioni dei maggiori specialisti sul tema “I giovani e le tecnologie”, i cui risultati sono stati presentati al Ministero dell’istruzione, con tanto di proposte operative per tutelare le famiglie. Questo lo ha portato in giro per l’Italia per incontrare pediatri, insegnanti e genitori nel tentativo di diffondere conoscenze pratiche per aiutare i ragazzi ad approcciarsi correttamente a questi strumenti ed anche a saper trovare insieme i giusti limiti al loro utilizzo. Lanza è coinvolto anche in un importante e pioneristico lavoro: con MEC di Udine e l’Università Bicocca di Milano, è stato sviluppato il progetto di formazione dei pediatri affinché questi diano corrette informazioni alle famiglie nei bilanci di salute periodici. Per questo è coautore di un manuale di formazione dei pediatri dal titolo “Pediatri custodi digitali, la prima guida per i pediatri di famiglia sull’educazione digitale familiare dalla nascita” (Udine, 2023).
Lanza ricorda infatti sempre che tutte le associazioni dei Pediatri nel mondo, e la stessa OMS, hanno dato indicazioni chiare mirate a limitarne l’uso in famiglia. Esse riposano su una mole enorme di studi scientifici ormai disponibili. E’ provato infatti da molti studi – ci dice Lanza – che l’eccessiva esposizione al tempo schermo in età evolutiva può ridurre le capacità attentive, di memoria, le capacità relazionali e quelle sociali dei nostri bambini e ragazzi; senza parlare dei disturbi fisici come l’obesità e i disturbi del sonno. Per questo egli sottolinea l’importanza di diffondere informazioni sulla pericolosità del cattivo o dell’eccessivo utilizzo degli schermi per i bambini delle elementari e delle medie. Per quanto riguarda invece i bambini da 0 a 5 anni c’è invece un accordo pressoché totale tra gli studiosi sul fatto che è molto importante evitare ogni forma di esposizione solitaria agli schermi. In età scolare essa non deve durare più di un’ora, ma soprattutto bisogna evitare che l’utilizzo degli schermi diventi un’abitudine fissa o un oggetto di regolamentazione del conflitto educativo, ovvero che venga usato come paciere o come premio/castigo.
Molti sostengono che non è ancora stata dimostrata la relazione di causalità tra esposizione al tempo schermo e effetti negativi sullo sviluppo psicofisico. Esiste tuttavia unanimità sul fatto che ci siano correlazioni con ciascuno dei problemi menzionati. Se anche non ci fosse una unica e sola relazione causale (o la causa prima fosse un altra), Lanza sostiene che ci sono altri due effetti: il primo è che sempre gli schermi non mitigano gli effetti, ma li amplificano. Nessuna famiglia ha riscontrato migliori risultati scolastici dopo l’arrivo e l’uso intensivo della playstation o dello smartphone. Vi è inoltre un effetto a cascata: per esempio una minor quantità di sonno è da sola potenziale causa di moltissimi disturbi come quelli elencati. L’uso di schermi intensivi non aumenta mai la qualità e la quantità di sonno ma li riduce.
La maggior parte delle famiglie in Italia (e nel mondo) si preoccupa di dare ad un bambino di due anni un bicchiere di vetro perché si può far male, ma non di dargli uno smartphone. Dovremmo invece fare il contrario seguendo l’insegnamento di Montessori (di cui Lanza ha curato un libretto di lettere presso l’editore L’Orma) secondo la quale l’ambiente è un educatore severo, che obbliga ad essere attenti e fare attenzione alle cose e alle persone. Quindi mentre il potere educativo del bicchiere consiste nello sviluppo dell’attenzione, quello dello smartphone sviluppa disattenzione e distrazione continua.
In tutto questo i genitori, per Lanza, possono giocare un ruolo importante, se assumono una corretta postura pedagogica: non solo trattando individualmente col proprio bambino e dando poche regole chiare in modo intelligente e dialogico in ambito domestico, ma anche collegandosi in gruppi nella scuola e nel territorio, gruppi che in maniera consapevole riflettono con i loro figli sulle regole da darsi per un corretto utilizzo di computer, tablet, cellulare, consolle eccetera: no a tavola, no al mattino, no prima di dormire (e di notte), no in camera da soli. In età adolescenziale i rischi vengono soprattutto da uso frequente dei social network (nelle ragazze) e da un uso prolungato dei videogiochi (nei ragazzi), attività di iperconnessione che possono causare depressione e dipendenza, e fenomeni di dismorfismi, soprattutto per le ragazze, che vedono se stesse più brutte dell’immagine che hanno costruito di sé con le app. Non mancano problemi legati all’alimentazione (nell’infanzia), sia a livello fisiologico, sia a livello psicologico (adolescenza).
Per fortuna però sempre più genitori stanno prendendo coscienza di tutte queste problematiche. Un esempio di realtà che collega i genitori su tutto il territorio nazionale, stimolando la nascita e il rafforzamento di gruppi locali, è dato dalla rete www.pattidigitali.it che promuove semplici patti digitali tra famiglie (anche in minoranza) che pensano sia meglio non comprare lo smartphone prima dei 14 anni (o a una data che stabiliscono insieme) dandosi delle regole di utilizzo, di mutuo aiuto, di autoformazione.
Davanti a un digitale che pervade il corpo sociale è necessaria una risposta intelligente da parte della scuola e della famiglia che non sia né di condanna senza appello né di banale assoluzione. La stessa digitalizzazione spinta della scuola che si sta compiendo a suon di corposi finanziamenti, previsti ad esempio nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), richiede una riflessione approfondita sulle modalità e i gusti tempi e spazi di impiego didattico-pedagogico di questi strumenti, che anche a scuola vengono spesso presentati in modo prematuro.
Il cambiamento climatico è stato per lungo tempo ignorato adducendo la scusa della mancanza di unanimità scientifica; si è stati costretti ad ammettere la catastrofe solo quando il disastro è divenuto inevitabile. Per la pandemia silenziosa del digitale dovremmo forse aspettarci un esito simile o sapremo prenderci prima le dovute responsabilità almeno nell’educazione dei nostri figli?