Pubblichiamo la recensione di Maria Elena Bertoli del libro di Jacopo Simonetta ed Igor Giussani “La caduta del leviatano” (1). Gli autori hanno anche partecipato ad una presentazione online del libro, la cui registrazione è disponibile a questo link.
L’immagine del Leviatano, mostro mitologico già citato nella Bibbia e utilizzato poi da Hobbes nel 1651 per indicare lo stato assoluto che protegge la vita dei suoi sudditi nella misura in cui impone su di essi il suo inesorabile dominio, è stata coraggiosamente ripresa da Jacopo Simonetta e Igor Giussani (un duo affiatato e ben collaudato che da anni gestisce un blog dal significativo titolo “Apocalottimismo”) nel loro recente volume “La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell’umanità”, uscito nel febbraio scorso per la casa editrice Albatros. Con l’espressione “Leviatano” essi indicano il sistema socioeconomico in cui siamo immersi che celebra oggi la sua apoteosi nel capitalismo globale. Il Leviatano, per gli autori, è un mostro cresciuto a dismisura nell’arco di alcuni secoli; esso comprende gli otto miliardi di esseri umani più i quaranta mila miliardi di tonnellate di antroposfera cioè di quel supporto materiale (organico e inorganico) e tecnologico necessario oggi alla sopravvivenza del genere umano.
Questo gigante si è via via imposto sulla biosfera, nutrendosi di essa, e lo ha fatto utilizzando alcune tecnologie “prometeiche” (il fuoco, l’agricoltura, il motore a scoppio) e mirabolanti fonti energetiche (in particolare il petrolio) che hanno permesso al sistema di evolvere con dei salti di livello impensabili senza quelle fonti e quelle tecnologie.
La cattiva notizia è che oggi questo gigante, che pareva così potente e invincibile, mosso da una spinta auto-accrescitiva ma ormai privo di “spazi vuoti” esterni a sé da cui attingere materia ed energia e in cui gettare i suoi scarti, ha cominciato a rivolgere la sua forza espansiva contro sé stesso, aggredendo i suoi stessi organi e tessuti, i quali hanno cominciato a smagliarsi e a decomporsi.
L’umanità sta, insomma, sbattendo rovinosamente contro i limiti della biosfera e questo processo è iniziato da almeno cinquant’anni, da quando cioè – ci ricordano gli autori – siamo in entrati in overshoot ovvero da quando l’impatto globale del genere umano ha oltrepassato i cicli di rigenerazione e la capacità di assorbimento della biosfera.(2)
Il libro, di una discreta mole ma caratterizzato da un linguaggio brillante e da una prosa agile, fa capire e piacere un’analisi che potrebbe occupare interi corsi universitari (ma che questi ultimi probabilmente renderebbero indigesta): nel volume, infatti, si cerca di sbriciolare in termini il più possibile comprensibili, concetti tecnici come quelli di entropia, di retroazione positiva e negativa ecc., che gli autori fanno interagire con idee filosofico-mitologiche, una fra tutte quella di Fato.
Il Leviatano, per gli autori, non sfugge alla rigida legge che ha condotto alla fine altri imperi e sistemi socio-economici, legge studiata da Joseph Tainter nella sua opera del 1988 dal titolo “The Collapse of Complex Societies”, con la differenza che, mentre quegli imperi erano geograficamente limitati e potevano accrescersi scaricando le proprie esternalità negative su aree della biosfera ad essi esterne, per poi, una volta crollati, a loro volta, essere spolpati da altri, il nostro Leviatano invece non ha fuori di sé sistemi socio-politici su cui rivalersi perché li ha ricompresi già tutti al suo interno, anche grazie al recente, formidabile apporto delle reti telematiche.
Simonetta e Giussani ci mostrano, nel loro lavoro, che gli organismi socio-ecologici, per loro natura espansivi, possono sopravvivere solo nella misura in cui sanno innescare meccanismi di retroazione negativa capaci di mantenerli in equilibrio con la loro “nicchia ecologica”; per gli autori infatti “fattori culturali e spirituali plasmano civiltà diversissime, ma il grado di complessità raggiunto rimane comunque correlato alla quantità di energia che sono in grado di estrarre e dissipare” (pag. 28). Quando invece i sistemi sociali si incanalano in una direzione di crescita fatta di continue retroazioni positive, generando così un meccanismo che si autoalimenta, essi non reggono e collassano. E tuttavia, per gli autori, il collasso del Leviatano è solo una possibilità, non un evento meccanicisticamente determinato e non è affatto detto che esso, eventualmente, si manifesti in un crollo improvviso ma è più probabile che si concretizzi in un declino che può durare anche secoli. Non siamo destinati allo schianto ma siamo come nei flutti di un fiume in piena: tutto dipenderà probabilmente da come sapremo vogare nella corrente, se sapremo attraversarla di sbieco, invece che incanalarci nel centro, e se incontreremo o no scogli pericolosi in cui sbattere.
Il pregio di questa opera è quello di sapere integrare gli approcci sociali, culturali e spirituali con quelli scientifici e tecnici. Per quanto si tratti di un lavoro non specialistico ma divulgativo, gli autori mostrano di muoversi bene in ambiti di studio che vanno dalla storia alla biologia, alla fisica, alla sociologia, alle questioni finanziarie fino a quelle micro e macroeconomiche, fornendoci un approccio plurimo utile per aiutarci a sondare i meccanismi tecnici, energetici e culturali che muovono il Leviatano.
Gli autori rigettano ogni facile ottimismo e affermano che non è onesto, ma anzi può essere controproducente, illudere le persone che esistano facili soluzioni. Questo non significa che trascurino il tema del “che fare”. Anzi dicono che, se è vero che, comunque sia, ci faremo male (e già ce lo stiamo facendo), quanto male ci faremo dipenderà però da come decideremo di affrontare la tempesta, se con intelligenza e modestia o con irragionevoli azzardi.
La cosa più imprudente che possiamo fare in una situazione di declino è infatti quella di rilanciare la crescita (che è proprio quello che gli attuali decisori politici ed economici stanno facendo) mentre sarebbe cosa saggia, da un lato, ridurre la pressione sul pianeta attraverso politiche di decrescita dell’estrazione e della produzione e, dall’altro, sostenere gli ecosistemi rafforzando la loro resilienza e la loro capacità di rigenerarsi.
E se i fattori energetici e materiali costituiscono la cornice e i limiti entro cui il nostro “fato” ci costringe, la dimensione culturale e spirituale, per gli autori, resta fondamentale: nel capitolo finale essi ci dicono che abbiamo bisogno di una “grande narrazione” che non solo ci aiuti a liberarci dalle idee cardine del Leviatano, e cioè fondamentalmente dal mito del progresso e dall’idea baconiana del dominio dell’uomo sulla natura tramite la tecnologia, ma che ci aiuti anche a vivere la dimensione del tragico dando un senso al dolore umano, tenendo accesa la speranza e resistendo al dilagare della violenza.
Ed è proprio questo nesso fra tragico e decrescita a costituire forse l’aspetto più originale di questo testo, laddove l’inesorabile dimensione biofisica va ad intrecciarsi con quella mistica per un offrire forza e senso al nostro presente. Per questo, forse, lo spunto più interessante che traiamo da questo lavoro sono le indicazioni su come dare (o trovare?) un senso al nostro essere al mondo in questa fase drammatica dell’avventura umana sul pianeta e su dove trarre il coraggio necessario per attraversare il nostro drammatico presente, restando umani.
(1) “La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell’umanità” di Igor Giussani e Jacopo Simonetta. Gruppo Albatros Il Filo, 2023
(2) Per un approfondimento sul concetto di overshoot, si rimanda a www.decrescita.it/cosa-ci-dice-lovershoot-day/