E’ uscito per Bollati Boringhieri la nuova edizione de “La grande transizione. Il declino della civiltà industriale e la risposta della decrescita” . Il libro raccoglie gli esiti delle ricerche di Bonaiuti degli ultimi dieci anni con nuovi capitoli e importanti sviluppi teorici. Serge Latouche, nella sua “Prefazione” descrive che cos’è e come è nata la decrescita, inquadrando poi il contributo di Bonaiuti nella riflessione sulla decrescita oggi. In attesa di prossime occasioni per discutere con Mauro delle motivazioni alla base del suo lavoro, eccone una breve introduzione.
Fatichiamo a renderci conto che quella che stiamo attraversando non è una “crisi,” e nemmeno il semplice susseguirsi di una molteplicità di crisi, quanto piuttosto un processo di declino di tempo lungo che ci porterà presumibilmente verso il superamento dell’attuale regime socio-economico.
Il progresso è il mito portante della civiltà industriale. Teorizzato già nel Settecento dagli economisti, col passare dei secoli è divenuto sempre più pervasivo: al punto da rappresentare oggi, nell’immaginario della destra quanto della sinistra, la premessa implicita di ogni strategia politica. Così, nonostante il susseguirsi sempre più incalzante di crisi di varia natura (economica, ecologica, pandemica, geopolitica), il mito del progresso– con le sue implicazioni, la crescita e lo sviluppo – non viene posto in discussione.
Eppure, secondo Mauro Bonaiuti, i fatti sono ostinati e a uno sguardo d’insieme rivelano la falsità di questa narrazione. Basta andare indietro di qualche generazione per rendersi conto che quella che stiamo attraversando non è una crisi temporanea. Delle tante meraviglie promesse dalla scienza nella seconda metà del secolo scorso (energia a basso costo, riduzione delle disuguaglianze e del tempo di lavoro, colonizzazione dello spazio ecc.), quasi nessuna si è realizzata. Qualcosa è andato storto, ma non abbiamo ancora capito bene cosa.
Per affrontare questo punto fondamentale, l’autore raccoglie nuovi dati e propone una lettura originale che si rifà alla teoria dei rendimenti decrescenti della complessità. Dimostra così che il rallentamento dell’innovazione tecnologica, l’aumento dei costi dell’energia e della complessità sociale è iniziato già da molti decenni e rappresenta un elemento strutturale che segna la fine dell’età della crescita.
Passando in rassegna fenomeni cruciali come la globalizzazione, l’aumento delle diseguaglianze, la crisi del welfare e il ritorno dei nazionalismi, Bonaiuti fa luce sulle ragioni profonde di quello che si profila come un vero e proprio declino del regime industriale e, di conseguenza, del capitalismo. Un declino di cui ben pochi parlano, soprattutto attraverso i media, e forse per buone ragioni. Ignorare il problema, tuttavia, non fa che aumentare i rischi di dolorose involuzioni autoritarie o di un collasso incontrollato del sistema. Diviene dunque sempre più urgente staccare il pilota automatico che guida la megamacchina tecnico-finanziaria e cambiare rotta. Un necessario cambio di paradigma che l’autore individua, sulle orme del suo maestro Serge Latouche, nel progetto radicale della decrescita.
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