Articolo pubblicato anche sui Quaderni della decrescita. Dell’incontro di Pisa avevamo già scritto qui.

 

Negli ultimi tempi – anche a seguito dell’aggravarsi delle diverse crisi intrecciate che minacciano il presente e il futuro – l’idea di una società di decrescita sta finalmente entrando, pur con diversi nomi e prospettive, nei discorsi dei movimenti ecologisti e in quelli per la giustizia sociale, nonché in ambiti di ricerca accademici e persino nell’orizzonte di alcune forze politiche. Si pensi, per fare qualche esempio, all’incontro Beyond Growth, tenutosi lo scorso aprile al Parlamento italiano, sulla scia di quello organizzato presso il Parlamento Europeo e in altri Parlamenti nazionali, e alla ricchissima Conferenza internazionale svoltasi in giugno a Pontevedra in Galizia, che ha visto la partecipazione di più di 1200 persone provenienti dal mondo della ricerca e dell’attivismo.

Certo siamo ben lontani da poter dire che la decrescita influenza l’orientamento generale della società, ma evidentemente qualche seme – seminato a suo tempo – sta germogliando. Questo allargamento della platea di discussione e di confronto sociale sull’idea della decrescita porta con sé un grande arricchimento in termini di temi e di prospettive, sia teoriche che pratiche; ma proprio per questo necessita di un’attenta riflessione sulle modalità con cui i diversi approcci, a volte anche molto diversi tra loro, possano integrarsi in vista del comune obiettivo.

Si pone in altri termini il problema di come far fruttare al meglio la ricchezza che sta germogliando, cogliendo le occasioni di approfondimento teorico e favorendo la sinergia tra le proposte applicative. Due sembrano essere le strade da percorrere: i) un lavoro di messa a fuoco della visione della “società autonoma di frugalità conviviale” (per usare una delle definizioni di decrescita di Latouche) in modo che possa suscitare un largo consenso senza perdere la sua carica rivoluzionaria; ii) la messa a punto di una concreta, articolata e radicata “piattaforma” di mobilitazione collettiva per realizzare un processo di trasformazione strutturale, ecologico ed economico, del sistema sociale esistente.

Non è certamente facile tenere assieme in modo coerente la dimensione teorica, nelle sue diverse declinazioni, e l’iniziativa pratica. Sono sempre dietro l’angolo i rischi di scivolare in una sterile speculazione intellettuale o, viceversa, di essere risucchiati dalla nota capacità del sistema di metabolizzare anche le pratiche più eversive. Per questo la rivista Quaderni della decrescita, l’Associazione per la decrescita e il Movimento per la decrescita felice hanno promosso un momento di riflessione sulle diverse prospettive in cui oggi, nel vortice di una drammatica crisi di civiltà, si esprime l’idea della decrescita, e su come tali prospettive possono dialogare in maniera ottimale.

L’incontro si è svolto dal 22 al 24 novembre in forma di seminario residenziale a Pisa e in un bel contesto naturalistico a ridosso delle dune di Calambrone, ai margini del Parco di San Rossore. In preparazione dell’incontro è stato aperto un forum di discussione, in cui relatrici e relatori hanno presentato in maniera sintetica il loro contributo avviando scambi di idee sia tra di loro che con potenziali partecipanti.

Nella prima giornata, ospitata a Pisa presso il Centro Interdipartimentale di Scienze della Pace dell’Università, sono stati presentati gli ultimi due numeri della rivista, le cui parti monografiche sono dedicate rispettivamente a “Decrescita e marxismo. Dialogo possibile e necessario” e a “Decrescita. Nuovo nome della pace”. Su questi temi alcuni autori e autrici hanno dialogato con rappresentanti dei movimenti locali e della comunità accademica pisana, evidenziando l’utilità di integrare la prospettiva della decrescita con le istanze e le strategie operative delle persone e dei gruppi attivi nel territorio, anche sul versante politico.

Nelle due giornate successive l’incontro si è svolto in forma residenziale presso un Ostello del litorale, dove si sono alternati i contributi previsti di relatrici e relatori, ampi spazi di discussione intorno ad un grande cerchio di tavoli, e momenti conviviali a base di cucina vegetariana. Hanno partecipato in totale una cinquantina di persone, dando vita ad un ricco confronto che in realtà è andato al di là dell’intendimento originario (una riflessione sui diversi modi di intendere e concretizzare la decrescita) per esplorare, in modo competente e appassionato, un ampio ventaglio di temi e problematiche, con frequenti riferimenti alle esperienze personali e di gruppo dei/lle partecipanti. Nel complesso si è avuta la conferma che c’è una grande voglia di incontrarsi e discutere, di persona e con tempi rilassati, per scambiarsi idee, punti di vista ed esperienze. In molti hanno proposto di rendere in qualche modo regolari questo tipo di appuntamenti, sia su temi specifici che per fare il punto su come l’idea di una società di decrescita stia maturando e stia entrando in risonanza con i più diversi filoni di pensiero critico. L’evento è stato peraltro un’occasione per consolidare i legami e le sinergie fra i tre soggetti promotori – le due associazioni nazionali e i Quaderni – che hanno verificato l’utilità di interagire in modo sempre più stretto, ciascuno per le sue competenze e sensibilità, in vista dell’obiettivo comune.

L’incontro si è aperto con una breve sintesi della grande Conferenza di Pontevedra del giugno scorso, organizzata congiuntamente dal Post-growth Innovation Lab, dall’associazione accademica Research and Degrowth e dalla Società Europea di Economia Ecologica. Quell’evento, per la sua ampiezza e per la ricchezza dei contenuti (120 sessioni tra plenarie, panel, dialoghi e incontri, con un totale di 750 comunicazioni presentate in cinque giorni), è stato senza dubbio una grande carrellata di possibili “vie della decrescita”, che hanno dialogato tra loro attingendo le une dalle altre, senza doversi necessariamente fondere né perdere identità. In un approfondito confronto fra contributi accademici (teorici o di ricerca empirica) e resoconti di attivismo ed esperienze territoriali, è emersa la produttività di un approccio trans-disciplinare, di discipline trasformative e che evolvono, in continuo adattamento ai vari contesti, con l’obiettivo di costruire alternative desiderabili, convincenti e attraenti. Tra i molti filoni e temi trattati, e di cui sono stati valorizzati gli elementi di convergenza, si può ricordare quello che ha dato il titolo alla conferenza: Scienza, tecnologia e innovazione oltre la crescita, che ha sollecitato un’ampia riflessione sulla direzionalità che vogliamo dare non solo alla scienza e alla tecnologia, ma anche all’innovazione in sé, posto che esse sono tutte, come sappiamo, pesantemente indirizzate alla crescita economica.

Le relazioni che sono seguite a questa introduzione, e gli ampi dibattiti che le hanno accompagnate, hanno esplorato una varietà di temi di grande interesse, sia sul versante più generale della riflessione teorico-critica sia su quello delle modalità con cui la proposta della decrescita può tradursi in azioni concrete, radicate nelle comunità e nei territori. 

Al centro del confronto tra i partecipanti all’incontro vi è l’esigenza che la prospettiva della decrescita mantenga inalterata la connotazione di radicale alternatività al sistema socio-economico dominante e, allo stesso tempo, trovi il modo di operare per trasformare – anche gradualmente, ma efficacemente, attraverso riforme strutturali e pionieristiche– i modi e le relazioni produttive e riproduttive della ricchezza e del benessere sociale, dialogando costantemente con le istituzioni, perseguendo il progetto di una “economia ecologica” e mirando ad allargare il consenso dell’opinione pubblica.

La difficoltà di mantenere assieme le due esigenze deriva dalla consapevolezza (ben presente nel pensiero originale della decrescita) che l’ipertrofia neoliberale turbocapitalista non è un errore del sistema facilmente rimediabile (con una “spruzzata di verde”), ma necessita di una profonda critica della modernità occidentale, del carattere strumentale della razionalità e dell’economia stessa (intesa come scienza sociale separata e autonoma). Tutto ciò, quindi, richiede una rivoluzione culturale, antropologica e spirituale nella prospettiva di un “reincanto del mondo”.

Il pericolo di una caduta del confronto nella tradizionale contrapposizione tra una visione radicale “lungotermista” e una riformista compatibilista si è riproposto con riferimento ad un tema che si era mostrato, già nella fase preparatoria dell’incontro, come un argomento particolarmente delicato e per certi aspetti divisivo, vale a dire le modalità di produzione di energia da fonti rinnovabili. In questo caso il confronto è stato fra quanti ritengono che non vada assecondata l’attuale tendenza alla proliferazione degli impianti eolici e fotovoltaici, spesso imposti dall’alto su territori fragili e rispondenti a logiche di profitto di grandi gruppi industriali, e quanti invece ritengono che, data la drammatica urgenza di azzerare al più presto il ricorso alle fonti fossili e al fine di scongiurare una possibile ripresa del nucleare, sia indispensabile estendere il più possibile e rapidamente il ricorso all’eolico e al fotovoltaico. Il primo punto di vista sostiene che in una prospettiva di decrescita l’opzione prioritaria, per uscire dal fossile, deve essere la riduzione della quantità di energia complessiva di cui si ha bisogno, e che in ogni caso le scelte di localizzazione degli impianti non possono essere fatte in contrasto con le esigenze e le volontà espresse dalle comunità territoriali. Il secondo punto di vista ritiene necessario che nell’immediato si punti a garantire tramite rinnovabili la quantità di energia che attualmente si ricava dal fossile, senza cedere alle pressioni che tendono ad aggiungerla a quella fossile, ma anche senza illudersi che si possa realizzare a breve quel consistente risparmio di energia che consentirebbe di uscire dal fossile con minima espansione delle rinnovabili. Questo tema si è rivelato particolarmente coinvolgente e pervasivo nel corso del dibattito, sicché si è convenuto sulla necessità di dedicarvi un successivo apposito incontro.

Analoghe considerazioni sono state svolte in relazione a molti altri argomenti, intorno ai quali spesso si articola la discussione sui diversi modi in cui può intendersi e concretamente realizzarsi l’idea della decrescita. Ad esempio l’economia circolare, che certamente è una prospettiva interessante, ma si traduce in un inganno e non può essere di alcuna utilità se resta ancorata ad una visione lineare e riduzionista, mancando di assumere nella sua pienezza la logica della complessità. Oppure il rapporto, spesso presentato come oppositivo mentre invece andrebbe, secondo molti, considerato in termini di feconda interazione, tra azioni di livello micro (i gruppi locali, i movimenti, ma anche l’individuo nei suoi comportamenti quotidiani) e azioni di livello macro (il rapporto con le istituzioni e con la politica). E così anche la relazione, che deve necessariamente ritenersi di tipo dialettico e di continua reciproca influenza, tra la dimensione economico-strutturale, che richiede analisi e interventi di livello sistemico, e quella ideologico-immaginativa, che chiama in causa il ruolo della comunicazione e la potenza dei riferimenti simbolici. Il confronto su questi ed altri temi, su cui ci sono sensibilità diverse, è certamente importante per definire le possibili vie della decrescita; ma è opinione condivisa che non sia utile enfatizzare le divisioni, cristallizzandole in “correnti” di pensiero, che sottrarrebbero ricchezza e incisività operativa alla proposta di decrescita.

Particolarmente significativa è stata, anche da questo punto di vista, la partecipazione all’incontro di alcune giovani studiose e attiviste, di cui alcune provenienti dalla cosiddetta Scuola di Barcellona di Economia Ecologica, che hanno portato un valido contributo sia in termini di riflessione teorico-critica sia in termini di concrete esperienze di rapporti con i diversi ambiti in cui l’idea di decrescita si sta diffondendo, o nei quali sarebbe utile che si diffondesse. Molto efficace, al riguardo, il racconto dei loro contatti con una molteplicità di reti nazionali e internazionali, alcune esplicitamente orientate verso la decrescita, come l’International Degrowth Network, altre invece che connettono soggetti diversi, accomunati dalla volontà di un profondo cambiamento del sistema economico, come la Well-being economy alliance. Di speciale interesse anche il rapporto da loro intessuto con i movimenti giovanili di partiti politici, tramite i quali si è utilmente provato a far circolare la prospettiva della decrescita anche sul versante più istituzionale, come già accaduto nelle Conferenze Beyond Growth tenute presso il Parlamento europeo e diversi parlamenti nazionali.

In definitiva, a seguito delle belle giornate di Pisa-Calambrone si può affermare che l’idea della decrescita stia rapidamente maturando, anche nel dialogo tra i differenti modi di intendere questa prospettiva, e si stia avviando a “contaminare” le diverse forme di pensiero critico che, sia pure fra grandi difficoltà, si pongono l’obiettivo di cambiare profondamente l’attuale modello di economia e di società. In questa direzione è importante procedere; vale a dire fare in modo che il progetto della decrescita, in quanto portatore di una diversa idea di mondo, di società e di relazioni tra le persone e con la natura, non si aggiunga alle altre come un’ulteriore forma di pensiero critico, ma trovi il modo di incarnarsi nei movimenti, nelle iniziative locali e nelle reti nazionali e internazionali a cui sempre più occorre guardare come potenziali soggetti in grado di innescare un reale cambiamento.