Pubblichiamo la lettera aperta inviata a Roberto Mancini, con la quale i promotori di Venezia 2022 aderiscono all’appello contenuto nel suo articolo del 1/1/23  pubblicato su Altreconomia (e riportato in calce): “È tempo di un nuovo modello di società e di economia. Superando definitivamente il capitalismo“.

 

Caro Roberto,

accogliamo volentieri l’appello che hai lanciato su Altreconomia il primo gennaio, perché siamo assolutamente concordi che serva “riunire quei soggetti culturali e sociali che per scelta, condizione di vita e intelligenza etica possono diventare i protagonisti di una svolta trasformativa” e che “distogliere energie da questo progetto significa solo perdere tempo.”

Siamo altresì concordi “il processo che porta dal capitalismo verso un altro modello di società e di economia (sia) indispensabile per affrontare tutti i problemi” della nostra epoca e sul fatto che “la retorica dello “sviluppo sostenibile” sta dando a intendere all’opinione pubblica che non esiste un problema di superamento del capitalismo globale, è sufficiente renderlo più gentile verso la natura”.

Siamo pronti e disponibili a collaborare al processo con cui “tutti i protagonisti dell’economia trasformativa si incontrino per dare vita a un movimento plurale e corale per elaborare un progetto comune capace di curare gli equilibri ecologici del Pianeta”.

Come anche tu riconosci, “la concezione della decrescita” ha elaborato negli anni una serie di idee, pratiche e visioni di una società totalmente trasformata – ed anche l’incontro di Venezia, tenutosi nel settembre scorso e organizzato da varie realtà italiane della decrescita e dell’economia solidale, è stato uno spazio formidabile di incontri, riflessioni e scambi che ci ha permesso di sviscerare molte delle questioni vitali del presente, mettendone anche in luce le forti interconnessioni, tra cui la transizione, l’alimentazione, la salute, lo snodo centrale del lavoro, il rapporto con le economie solidali, le cosmovisioni e i modelli da cui attingere, la nonviolenza come orizzonte di fondo ecc.

L’Associazione per la decrescita, forte anche della ricchezza portata dal recente convegno di Venezia, dei suoi legami internazionali e del suo piccolo ma diffuso radicamento territoriale e accademico, si mette a disposizione per offrire il suo contributo teorico e pratico a questo progetto comune.

A tal fine, ti segnaliamo anche che è da poco nato, proprio sulla scia dell’incontro di Venezia, un gruppo di lavoro “Transizione” (costituito da soci dell’Associazione per la decrescita e del Movimento per la Decrescita Felice e da altr* attivist* provenienti dai più vari contesti), che si propone proprio di lavorare all’elaborazione, all’affinamento e alla diffusione di possibili proposte politiche di decrescita, che riteniamo importante offrire al dibattito culturale e politico italiano, proposte che mirino alla realizzazione di quella trasformazione o conversione ecologica che si rivela sempre più urgente e importante ogni giorno che passa. https://www.decrescita.it/gruppo-transizione/

In attesa del tuo riscontro e delle tue osservazioni, siamo pienamente disponibili a partecipare alle iniziative che il tuo appello potrà generare.

A presto!

Per l’Associazione per la decrescita: il presidente (Mauro Bonaiuti)
Per MDF – Movimento per la Decrescita Felice: il Direttivo Nazionale
Per la RIES – Rete Italiana Economia Solidale: il presidente (Jason Nardi)
Per AEres – Venezia per l’AltraEconomia: il presidente (Massimo Renno)

 

Lettera aperta inviata a Altreconomia e pubblicata anche sul sito di MDF

 

È tempo di un nuovo modello di società e di economia. Superando definitivamente il capitalismo

di Roberto Mancini — 1 Gennaio 2023

Serve riunire quei soggetti culturali e sociali che per scelta, condizione di vita e intelligenza etica possono diventare i protagonisti di una svolta trasformativa. Distogliere energie da questo progetto significa solo perdere tempo. Le “idee eretiche” di Roberto Mancini

Occorre fare il punto sull’altra economia per chiarire quale prospettiva di rigenerazione e di liberazione possa aprirsi in questa fase storica. A un primo sguardo si manifestano subito le difficoltà. In un contesto segnato dalla pandemia, dalla devastazione climatica e ambientale, dalla guerra in Ucraina e in tante parti del mondo, dalla delirante persecuzione contro le donne in numerosi Paesi, dalla sistematica violazione dei diritti dei migranti e di molte altre categorie sociali, dal tradimento ai danni delle nuove generazioni, dal perdurante fallimento dell’Unione europea e delle altre unioni continentali, dalle diffuse situazioni di disarticolazione della democrazia, la coltivazione di un’economia equa ed ecologica è rimasta da parte. Come se il processo che porta dal capitalismo verso un altro modello di società e di economia non fosse indispensabile per affrontare tutti questi problemi.

La retorica dello “sviluppo sostenibile” sta dando a intendere all’opinione pubblica che non esiste un problema di superamento del capitalismo globale, è sufficiente renderlo più gentile verso la natura. Nonostante tutti i disastri del sistema, l’idea di superarlo è accolta, in Occidente, nella coscienza di un numero ancora troppo esiguo di persone. Per non dire del disinteresse e dell’incapacità delle forze politiche nel concepire un nuovo modello. Basta dare un’occhiata all’attuale dibattito nel Partito democratico per vedere che il tema non è nemmeno lontanamente in agenda.

Ci si divide su quale personaggio dovrà avere la guida del partito, ma anche le figure più a “sinistra”, con la scusa del “fare cose concrete”, ripetono la classica retorica sulla gente “che non arriva a fine mese”, a cui si aggiunge l’appello per le misure contro il surriscaldamento climatico. Poi però non muovono un dito per avviare un processo effettivamente trasformativo, né hanno un pensiero che sappia guardare in questa direzione indicando un traguardo appassionante per tutti coloro che ne hanno abbastanza del capitalismo. Del resto, le esperienze e le culture di vera trasformazione dell’economia sembrano arenate, divise tra loro, quasi sconosciute ai più.

È tempo che tutti i protagonisti dell’economia trasformativa si incontrino per dare vita a un movimento plurale e corale per elaborare un progetto comune capace di curare gli equilibri ecologici del Pianeta

La proposta dell’economia civile, soprattutto nel mondo cattolico, viene presentata come la sola soluzione praticabile. Anche se la si chiama “The economy of Francesco”, il rischio è quello di limitarsi a proporre riforme su qualche aspetto dell’ordine globale dato, affievolendo la radicalità delle affermazioni di papa Francesco, il che sarebbe un danno grave per la possibilità di un reale mutamento strutturale. A parte il fatto che in tal modo si oscurano tutte le altre proposte, l’economia civile resta un rispettabile correttivo interno al sistema vigente. È una compagna di cammino, ma da sola non può certo portarlo avanti. È tempo di agire insieme, in dialogo. Coloro che stanno aprendo altre vie (la bioeconomia, la concezione della decrescita, l’economia del bene comune, il movimento cooperativo nel suo versante più critico, l’economia della liberazione e altri approcci ancora) devono decidere finalmente di incontrarsi per dare vita a un movimento plurale e corale. Occorre confrontarsi per unire intuizioni, energie e figure di riferimento in vista della gestazione di un progetto integrato, comprensibile ai popoli, capace di realizzarsi come processo di generazione di lavoro vero e di cura per gli equilibri ecologici del Pianeta. Un progetto che sia un pungolo ineludibile per i governi e per le forze politiche.

L’umiltà di mettersi in cammino con gli altri potrà propiziare l’elaborazione di una visione che raccolga le indicazioni emergenti dalle sperimentazioni attuate in questi decenni. Perciò bisogna convocare quei soggetti culturali e sociali (comunità, movimenti, reti, imprese, associazioni, enti locali, scuole, università) che per scelta, condizione di vita e intelligenza etica possono diventare i protagonisti di una svolta trasformativa. Distogliere energie da questo progetto significa solo perdere tempo.

Roberto Mancini insegna Filosofia teoretica all’Università di Macerata; il suo libro più recente è “Gandhi. Al di là del principio di potere” (Feltrinelli, 2021)