Di Nello De Padova del Gruppo Transizione.

Pubblichiamo un documento prodotto da Maurizio RUZZENE nell’mbito delle attività preparatorie dell’incontro Venezia2022 ed in particolare utile allo sviluppo del percorso basato sulla prima bozza del documento Uscita di Emergenza .

Il contributo di Maurizio RUZZENE, qui di seguito introdotto da in un abstract prodotto dallo stesso autore e QUI scaricabile nella sua interezza, è stato particolarmente utile per la stesura della versione presentata e discussa a Venezia di Uscita di Emergenza, specie nel chiarimento di alcune posizione degli autori circa le problematiche relative alla produzione di beni, servizi ed infrastrutture messe a disposizione dei cittadini e fruite gratuitamente (o “sotto costo”) per le quali si pone l’annoso problema che la loro produzione, gestione e manutenzione, se realizzata in forma onerosa (prima di tutto con lavoro retribuito) richiede necessariamente una continua espansione della tassazione delle attività mercantili (cioè delle produzioni vendibili) ovvero di un sempre maggiore indebitamento. Di questo contributo gli autori di Uscita di Emergenza (Elena BERTOLI, Nello DE PADOVA e Mario SASSI) resteranno sempre debitori a Maurizio RUZZENE.

Questo scritto è nato come contributo al gruppo di lavoro impegnato nell’elaborazione di “Uscita di emergenza” 1 (UdE), un documento ricco e complesso, rispetto al quale nutro diversi dubbi, ma di cui condivido alcuni degli assunti di partenza. Riguardo agli aspetti condivisi, mi riferisco in particolare alle affermazioni sulla necessità di trovare delle risposte radicali alle gravi condizioni di crisi in atto, interpretate principalmente a partire dal fenomeno della crescita insostenibile del debito, pubblico ed ecologico. E aggiungerei che la crescita del debito onnipervasivo, resa insostenibile dal sistema finanziario attuale, dovrebbe esser vista come espressione sia di una perdita di un senso della misura in termini economici, sia di un degrado crescente delle istituzioni economico sociali e dei meccanismi di costruzione delle identità individuali prevalenti2.

L’elemento di convergenza più importante con UdE è individuabile però nella convinzione che si possa trovare una risposta adeguata alla crisi complessiva solo a partire dallo sviluppo di attività più diffuse e condivise di cura. Come si usa dire sempre più spesso: cura delle persone, dei beni comuni e dei patrimoni ambientali, cura a cui ognuno e ogni organizzazione sociale dovrebbe dare un proprio contributo in base alla proprie capacità e possibilità.

Rispetto a UdE, nelle mie proposte (maturate in un paio di decenni di ricerche sull’argomento), vi sono comunque anche degli elementi di divergenza significativi. In particolare riguardo alle opportunità di sviluppare i principi del prendersi cura nell’ambito di una prospettiva di dono e gratuità, propria in genere degli approcci femministi, e non piuttosto nell’ambito di una dimensione economica nuova, sostanzialmente autonoma rispetto alle economie orientate capitalisticamente. Questa dimensione economica dovrebbe essere in primo luogo caratterizzata appunto dai principi della cura – intesa come salvaguardia e come risparmio – delle risorse naturali e ambientali. E dovrebbe soprattutto mirare allo sviluppo di nuove forme di riqualificazione o riconversione delle attività lavorative3, finalizzate ad un miglioramento delle condizioni comuni di vita, specie delle persone occupate in lavori alienanti, ma anche delle condizioni di vita delle altre specie viventi. Il problema maggiore, a cui ci si trova davanti nel tentativo di pensare a questa nuova dimensione economica della “cura”, è però che non sembrano esserci le risorse necessarie per sostenerla e svilupparla. Né in termini monetari (specie per quanto riguarda le amministrazioni pubbliche che dovrebbero principalmente farsene carico). Né in termini di tempo disponibile (per quanto riguarda le molte persone comuni che potrebbero condividerne le finalità e i compiti ma sono già oberate da incombenze lavorative e di ogni tipo).

In sostanza, all’ipotesi della gratuità e del dono, centrale in Uscita di emergenza, credo necessario contrapporre lo sviluppo di relazioni di “scambio”, di credito e debito di tipo mutuale, economicamente rilevanti, tanto da diventare prevalenti rispetto alle economie capitalistiche, e in grado di funzionare efficacemente anche in termini non monetari. Tali relazioni dovrebbero tendere ad un ripianamento responsabile del debito nelle sue varie forme. Sia per quanto riguarda il debito economico (in particolare pubblico) sia per il debito ecologico, riconducibile principalmente e come sappiamo al degrado ambientale provocato in gran parte da attività umane.

Si tratta soprattutto di trasformare o meglio di ricostruire alle basi le stesse relazioni di debito e credito usuali, perché queste generano dominio e subordinazione sociale, accumulo di risorse monetarie e povertà diffusa, dissipazione delle risorse naturali e dei patrimoni ambientali, e danneggiamento delle condizioni di vita comuni, a danno delle altre specie viventi e delle future generazioni. E non ritengo risolutivo, se si vuole affrontare alle radici una simile situazione di degrado, né alcuna prospettiva redistributiva (tipo reddito di cittadinanza o universale, o compensazioni ecologiche ai paesi più colpiti) né alcun principio del dono e del gratuito. Ciò, specie quando il problema di fondo diventa l’incapacità comune, generalizzata, di salvaguardare i beni comuni e di ridurre drasticamente l’uso e consumo di ogni risorsa disponibile. Ovvero quando ci si trova di fronte all’incapacità endemica di attivare, in termini economici sostenibili, quelle attività di cura che si renderebbero necessarie per affrontare i problemi del degrado non solo ambientale, ma anche o soprattutto socio culturale, e la perdita di senso che investe una gran parte delle attività lavorative, oltre che le forme dell’organizzazione economica, politica e culturale delle società attuali.

Il ripianamento del debito, o meglio la rimodulazione dei rapporti che si possono stabilire tra credito e debito, entrate e spesa, benefici e costi, attività di consumo e dissipazione e attività di cura di diverso tipo: tutto dovrebbe tendere verso condizioni di equilibrio sociale e naturale, economico ed ecologico, che risultano difficilmente raggiungibili e conservabili, almeno nei tempi lunghi. Ma credo anche che l’obiettivo di raggiungere adeguate condizioni di ri-equilibrio ambientale ed economico andrebbe perseguito non solo attraverso una riduzione drastica del PIL, come sembra mergere in UdE. Andrebbe perseguito, da subito, appunto soprattutto attraverso la messa in atto di nuove forme di produzione di reddito e ricchezza sociale, vale a dire appunto di una redistribuzione sociale ampiamente condivisa dei lavori e dei carichi del prendersi cura, e delle nuove attività che dovrebbero sostenerli.

La riconfigurazione delle relazioni di credito (e debito), risulterebbe necessaria per ristabilire quei giusti livelli di responsabilità, di obbligo morale e di impegno di ciascuno, a salvaguardare le risorse e le condizioni di vita comuni. E le attività di cura e riparazione dei contesti ambientali, naturali e socio culturali, andrebbero non imposte, come nell’ipotesi del servizio civile obbligatorio a cui si riferisce UdE, ma concordate volontariamente, tra i singoli e le istituzioni o le organizzazioni sociali in grado di farsi carico della gestione coordinata delle stesse attività di cura. Tutto ciò a fronte non di soli costi, da sostenere in termini di lavoro dedicato dai singoli, ma anche o soprattutto in termini di vantaggi, derivanti da una drastica riduzione delle attività lavorative alienanti, instabili e insicure, portando a ridurre il senso di alienazione e estraneazione che colpisce oggi la maggior parte delle vite comuni.

Credo infine che alla base di una nuova economia di cura dovrebbe esserci il recupero di una misura solida, stabile e sensata dei valori economici, per più ordini di ragioni. Si tratta di un senso della misura che non può essere risolvibile in termini matematici, ma che dovrebbe risultare riconducibile in primo luogo ai limiti e vincoli, ambientali ed etico sociali, che si incontrano appunto nelle condizioni comuni e naturali di esistenza. E credo che questo senso della misura possa essere trovato, anche da un punto di vista economico, nel fluire del tempo, inteso nella sua dimensione “fisica”, naturale ma anche sociale, in quanto il fluire del tempo si presenta quale condizione costitutiva fondamentale dell’esperienza e dell’esistenza umana, oltre che delle condizioni comuni di vita sulla terra4.

Un’altra, specifica, concezione del fluire del tempo, prevalentemente quantitativa e matematizzante, è stata alla base della stessa nascita dell’economia moderna, da A. Smith a K. Marx. Ma si tratta di una concezione che va contestata, specie per le sue basi lavoriste e produttiviste che non risultano più sostenibili, né aderenti ai nuovi sviluppi della formazione dei valori economici delle società più sviluppate. In queste la questione del recupero dei costi ambientali delle attività economiche ed umane più in generale sta già diventando uno dei maggiori fattori rilevanti nella formazione dei valori economici, attraverso la pressione fiscale e non solo.

E ora il tener conto dei costi ambientali dell’agire economico, così come dei costi degli stili di vita prevalenti, sta diventando una condizione cruciale per la stessa riproducibilità delle condizioni di vita comuni sulla terra, oltre che per il mantenimento di margini minimi di autonomia e libertà dei singoli (dato che le attuali insostenibili forme di debito generano crescente asservimento sociale e rilancio dello sfruttamento).

In maniera abbastanza intuibile, le posizioni di debito dovrebbero conseguire principalmente dai costi derivanti da qualsiasi attività umana, specie in termini di consumo delle risorse naturali e di degrado dei contesti ambientali (naturali e socio culturali), come viene prospettato nelle economie ecologiche da qualche decennio5. Mentre le principali posizioni di credito potrebbero conseguire dal prestare attività di cura, riparo, conservazione e risparmio delle risorse naturali e dei contesti ambientali, per promuovere e sostenere per quanto possibile tali attività. E bisognerebbe comunque tener conto dei costi economici e ambientali derivanti dallo stesso dispiegarsi delle attività di cura.

Dovrebbero invece essere sottratte ad ogni possibilità di contabilità (ed anche di appropriabilità) economica le risorse non riproducibili, specie quelle in via di esaurimento. Le risorse naturali in via di esaurimento dovrebbero essere sottratte ad ogni possibilità di appropriazione e anche di contabilità economica già per il fatto che il loro tempo di riproduzione tende a diventare infinito. E questo dovrebbe dar luogo a debiti (economici ed ecologici) di ampiezza smisurata o infinita, cioè non attivabili e sostenibili economicamente da alcun essere umano o organizzazione sociale6.

Sarebbe solo un altro passo, magari piccolo ma quantomai necessario, verso quel riconoscimento dei limiti e vincoli naturali che l’economia edonista ed utilitarista sta cercando di rimuovere da più di un secolo. Principalmente, per naconderli sotto l’ideologia della creazione di utilità comuni o della soddisfazione dei bisogni e dei piaceri umani, individuali e collettivi, comunque massificati e oggi in larga parte superflui. Si tratta di bisogni e piaceri di individui che – a partire da una enfatizzazione ipertrofica del proprio ego – hanno perso ormai, da tempo, anche il riferimento al problema del senso dell’esistenza umana, oltre che ai problemi posti dalla misura (come limitazione) dell’agire e della formazione dei valori economici.

NOTE:

1 https://www.decrescita.it/uscita-di-emergenza-una-proposta-politica-di-decrescita/

2 Vedi al riguardo Ruzzene, M. (2012) Crisi e trasformazione. Economie pubbliche e beni comuni tra stato, finanza speculativa e monete locali, Milano: Edizioni Punto Rosso. Per differenti posizioni sul debito economico ed ecologico vedi: Théret B. (2008), ‘Les trois états de la monnaie. Approche interdisciplinaire du fait monétaire’, Revue économique, 2008/4 – Vol. 59; Roberts J. T. and B. C. Parks (2009) “Ecologically Unequal Exchange, Ecological Debt, and Climate Justice: The History and Implications of Three Related Ideas for a New Social Movement”. International Journal of Comparative Sociology, Volume: 50, 3-4, 385-409; Gesualdi, F. (2013), Le Catene del debito e come possiamo spezzarle, Milano: Feltrinelli.

3 Riguardo alle possibili accezioni economiche assumibili dalle attività e dai lavori di cura vedi, oltre ad Uscita di emergenza cit., Ruzzene, M. (2007) ‘Environmental Politics and Actual Degrowth: The issue of a sustainable financing of care activities, public goods, and commons’. In Flipo, F. and F. Schneider (Eds.) Proceedings of the First International Conference on Economic De-Growth. (Paris) 2008, pp.253-258. (Versione originaria, in italiano e più ampia in Crisi e trasformazione cit, pp. 173- 195) ; Ruzzene, M. (2015), ‘Beyond growth: problematic relationships between the financial crisis, care and public economies and alternative currencies’. International Journal of Community Currency Research, 2016, 19 (D) 81-93; Gesualdi, 2013, cit.; Viale G. (2021), Dal lavoro alla cura, Edizioni interno4, Rimini

4 Vedi al riguardo; Ruzzene, M. (2018), ‘Forms of money power and measure of economic value. Time based credit for care and commons economies’, International Journal of Community Currency Research, 2018 n 22, pp 39-55 ISSN 1325-9547 ; Ruzzene, M. (2019), ‘Time-based measure versus monetary accounting: features and functions for tackling environmental crises and reducing debt (through eco-mutual credit)’, Relazione presentata al “Brussels workshop on Complementary currencies and societal challenges”, 21-22- novembre 2019

5 Vedi: Martinez-Allier J. (1991) Economia Ecologica, Garzanti; M. Bresso, Per un’economia ecologica, La Nuova Italia Scientifica, 1993; Daly. H. E. (1996), Oltre la crescita. L’economia dello sviluppo sostenibile, Edizioni di comunità.

6 Ruzzene, M (2018), ‘Forms of money power and measure of economic value. Time based credit for care and commons economies’, International Journal of Community Currency Research, 2018, 22, pp 39-55; Ruzzene, M. (2019), ‘Time-based measure versus monetary accounting: features and functions for tackling environmental crises and reducing debt (through eco-mutual credit)’, Relazione presentata al “Brussels worksop on Complementary currencies and societal challenges”, Bruxelles 21-22- novembre 2019

 

RUZ SCAMBI MUT x Uscita REV F