Un contributo collettivo di diversi soci e socie dell’Associazione
Siamo atterriti dalle notizie che arrivano dall’Ucraina, ennesimo teatro di guerra, ma che stavolta sentiamo più vicino a noi, non perché esistano guerre, vittime e profughi di serie A e di serie B, ma perché la furia bellica si scatena, di nuovo (come per la ex Jugoslavia) in Europa. L’angoscia cresce poi se consideriamo che in questo conflitto è coinvolta direttamente una nazione dotata di armi nucleari e che, con l’invio di armi ed eventualmente di uomini, anche l’Italia rischia di essere coinvolta direttamente nel conflitto. Di questa candidatura pericolosa del nostro paese non vi era alcun bisogno e anzi, come ampiamente evidenziato dalle manifestazioni di protesta di questi ultime settimane, la decisione non è stata avallata dai cittadini italiani.
Sulla guerra, la sua genesi e le sue dinamiche hanno già scritto in molti e molto bene (basti citare gli articoli su comune-info) e non vogliamo quindi qui ripeterci. Ci preme però, come Associazione per la Decrescita, uscire dalla narrazione per cui la guerra scoppia improvvisamente solo per la volontà di potenza di un dittatore e vorremmo scavare più nel profondo, non tanto ricostruendo le vicende geopolitiche delle potenze mondiali che hanno portato alla guerra, quanto, più in generale, mostrando che la guerra è solo l’esito più evidentemente catastrofico di un sistema sociale, culturale ed economico “intrinsecamente” distruttivo e biocida. Un sistema malato di avidità, ossessionato dalla crescita dei valori economici e che spinge alla competizione permanente per l’accaparramento delle risorse e dei mercati, provocando, oltre alle guerre, il surriscaldamento globale, la distruzione della biodiversità, l’avvelenamento dei mari, dell’aria e della terra, le pandemie da zoonosi, ecc. .
Riteniamo quindi imprescindibile, per affrontare con lungimiranza le varie crisi (bellica, pandemica, economica, climatica e sociale) che una dopo l’altra si presentano sempre più fitte, l’adozione di una strategia volta a sradicare la loro comune origine sistemica: l’attuale modello di sviluppo. Ci troviamo infatti in un sistema economico scellerato che segue logiche auto accrescitive e tecnocratiche e che è ormai divenuto una mega-macchina automatica, fuori dal controllo umano, che travolge e distrugge, non solo con imprese belliche, tutto ciò che incontra: le vite umane più fragili, le specie viventi non umane (170 miliardi di animali ogni anno solo a fini alimentari), gli ecosistemi, la biodiversità, il clima, le culture, i sistemi di sussistenza locali, ecc… Credevamo di poter cavalcare la tigre, ma oggi ci stiamo rendendo conto che non c’è futuro se non scenderemo al più presto dalla tigre.
In quest’ottica, come Associazione per la Decrescita, ci impegniamo a mettere a disposizione del dibattito pubblico tutte quelle ricerche ed elaborazioni politico-culturali che ci possano orientare verso una trasformazione profonda dell’assetto attuale. Dobbiamo muoverci da subito verso logiche di basso impatto, intraprendendo azioni di riduzione dell’estrazione, della produzione e dei consumi secondo una nuova ottica di sufficienza, rinaturalizzazione, rilocalizzazione, rigenerazione, risignificazione, riparazione e rivitalizzazione delle comunità, attraverso un vero lavoro di cura e di custodia di ogni forma di vita.
Se dunque avessimo il coraggio di affrontare alla radice il tema dei “limiti planetari”, focalizzando veramente la nostra attenzione sul custodire le basi della vita, potremmo decidere di uscire dalla follia di un modello economico, comune a tutti i programmi delle forze politiche in campo, che ancora propugna la crescita infinita della produzione e dei consumi (armamenti compresi), dei flussi energetici e dello sfruttamento delle risorse naturali. E potremmo decidere di rallentare ed imboccare la strada di una possibile convivenza, non perfetta, ma civile, sobria, armonica e pacifica all’interno di quei limiti.
Quanto alla guerra e alla pace, ci pare ormai evidente che, come ha scritto Serge Latouche, “nella società della crescita non ci saranno mai più pace e giustizia; al contrario, la via della decrescita rimetterebbe pace e giustizia al centro della società”.
Nella contingenza specifica della guerra in Ucraina, abbiamo aderito alla piattaforma della Rete Italiana Pace e Disarmo che chiedeva l’immediato ‘cessate il fuoco’ e il ritiro delle truppe d’invasione russe dall’Ucraina, un’azione delle Nazioni Unite per il disarmo, la neutralità attiva dell’Europa, il ridimensionamento della NATO e la condanna multilaterale della forza militare come strumento per la risoluzione della situazione bellica. E’ fondamentale, infatti, fare ogni sforzo per evitare l’escalation militare, continuare ad aiutare i civili, sia in loco sia con una diffusa accoglienza dei rifugiati in Europa e, infine, lavorare per scongiurare l’ulteriore acuirsi del conflitto attraverso un uso sapiente degli strumenti del dialogo e di una diplomazia tenace, che non si arrenda.
Dal punto di vista interno, è ormai evidente quanto sia stato insipiente per l’Italia affidarsi completamente a fonti energetiche fossili provenienti da lontano e come ora sia urgente ridurre questa dipendenza, sia attraverso una rapida transizione alle rinnovabili, sia mediante una riorganizzazione politico-economica che ci permetta di diminuire rapidamente il nostro fabbisogno energetico senza impattare sulle classi più deboli. Potremmo così metterci in una posizione eticamente giusta e benefica in tutti i sensi: possiamo decidere di rinunciare al gas e al petrolio russo, “whatever it takes”, almeno fino all’ottenimento del cessate il fuoco e al raggiungimento di una soluzione negoziata ed equilibrata della crisi, che tenga conto della sicurezza globale e reciproca delle varie nazioni e, soprattutto, di tutte le persone. Del resto, la forte riduzione dei nostri consumi di energia e materia è proprio uno dei fattori fondamentali per fronteggiare la crisi climatica ed ecologica, perché, se sono legati i problemi, lo sono anche le soluzioni!
Più in generale, dobbiamo fare della pace con tutto e tutti (umani e non umani, viventi e non viventi) uno dei principi fondamentali della nuova società della decrescita, attraverso:
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la concreta applicazione dell’Art.11 Cost. per cui “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” e lo stop alla crescita delle produzioni e delle spese militari;
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un approccio alle relazioni internazionali affrancato da dogmatismi e presunzioni totalizzanti, che cerchi invece di capire, caso per caso, i problemi specifici di ogni situazione, che richiedono soluzioni basate su conoscenza locale, comprensione del contesto e massima cautela per gli effetti futuri imprevisti delle nostre azioni;
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la totale eliminazione di tutte le armi di distruzione di massa, impossibili da gestire in modo democratico, superando la NATO ed affiancandola (o sostituendola) con altri organismi di difesa regionale e nonviolenti;
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la garanzia di sicurezza di coloro che vivono in ogni comunità attraverso una gestione non violenta dei conflitti, con la partecipazione collettiva dei cittadini che rispondono gli uni agli altri e alla loro comunità, piuttosto che a un’autorità superiore;
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l’abolizione degli allevamenti industriali di bestiame, della pesca industriale e dell’agroindustria e dei relativi strumenti biocidi, in favore di un’alimentazione prevalentemente vegetariana e dell’agroecologia, che prevede il ritorno ad un’agricoltura naturale di piccola scala in armonia con l’ambiente;
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l’eliminazione di ogni forma di violenza verso tutti gli ecosistemi (dalle foreste agli oceani) e la biodiversità, attualmente in devastante declino.
Ma affinché provvedimenti così radicali non impattino sui soggetti più deboli occorre affiancare a tutto questo un piano di transizione a tutela dei lavoratori e dei soggetti fragili. Occorre cioè un piano davvero radicale, cioè capace di identificare e affrontare i problemi alla radice, cambiando i cardini dell’attuale paradigma culturale, politico ed economico che ci sta conducendo al disastro, come hanno dimostrato da molti anni i teorici ed attivisti della decrescita attraverso diverse pubblicazioni e ricerche scientifiche.
Tutti questi temi saranno al centro dell’incontro di Venezia a settembre, in cui saranno tra l’altro presentati e discussi due documenti molto legati a questi argomenti:
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“Uscita di Emergenza”, che avanza alcune proposte politiche specifiche, intorno a tre obiettivi cardine della decrescita: ridurre l’impatto ambientale delle attività umane per ritornare in equilibrio con la natura; migliorare il benessere di tutti gli esseri, trasformando e rilocalizzando l’economia; ridefinire la nostra società in senso conviviale e partecipativo;
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”Comunità e decrescita, una proposta politica” che tratteggia un nuovo disegno istituzionale di comunità fra loro federate, dove tutti i cittadini dello stesso territorio potrebbero, ad esempio, costituire un’unica cooperativa di produzione e lavoro in grado di produrre quanto loro necessario a partire dall’energia e dai prodotti alimentari di base.
Infine, anche se questo pensiero rimane ancora minoritario, vogliamo ribadire l’importanza della nonviolenza, e quindi del non rispondere al male con il male, facendo appello alle grandi tradizioni spirituali e sapienziali dell’umanità. Concludiamo quindi condividendo un testo del grande mistico e filosofo della pace e del dialogo interculturale e interreligioso, Raimon Panikkar: “La pace è più che un’assenza di conflitti armati. Se non c’è pace dentro di noi non vi può essere nemmeno pace attorno a noi. La mancanza di pace interiore origina competizioni che sfociano in sconfitte, le quali innescano vendette di ogni tipo, dichiarate o meno.” (potete scaricare il testo a questo link).
Per tutti questi motivi – rovesciando quanto annunciava oltre mezzo secolo fa l’enciclica Populorum Progressio – riteniamo che non lo sviluppo ma la decrescita sia il nuovo nome della pace e della cura della vita.
Il Direttivo dell’Associazione per la Decrescita