Servizi Pubblici Universali: il potere di demercificare la sopravvivenza
Traduzione del blog di Jason Hickel (4 Agosto 2023) a cura di Federico Arcuri. Immagine da Public Services International
Un’importante intuizione emersa dalla ricerca sulla decrescita e sulla mitigazione del cambiamento climatico è che i servizi pubblici universali sono fondamentali per una transizione equa ed efficace.
Il capitalismo si basa sulla creazione di una scarsità artificiale di beni e servizi essenziali come alloggio, assistenza sanitaria, trasporti, attraverso processi di privatizzazione e mercificazione. Questo modello non solo consente ai monopolisti di aumentare i prezzi per massimizzare i profitti (pensate al mercato dell’affitto, al sistema sanitario statunitense o al sistema ferroviario britannico) ma ha anche un impatto più ampio. La privatizzazione dei beni essenziali, rendendoli costosi, costringe le persone a guadagnare di più per accedervi. Questo aumento di reddito spinge a lavorare di più nei mercati capitalistici, producendo cose non necessarie (con conseguente aumento dell’uso di energia, delle risorse e della pressione ecologica) per ottenere beni che invece sono chiaramente essenziali e spesso già disponibili.
Prendiamo ad esempio l’alloggio: se l’affitto aumenta, è necessario lavorare di più solo per mantenere lo stesso tetto sopra la testa. A livello economico, questo implica una maggiore produzione aggregata – più crescita – per soddisfare bisogni di base. Dal punto di vista del capitale, ciò assicura un flusso costante di lavoro per le aziende private e mantiene la pressione al ribasso sui salari per facilitare l’accumulo di capitale. Per il resto della popolazione, ciò significa sfruttamento ingiustificato, insicurezza e danni ecologici. Inoltre, la scarsità artificiale crea dipendenze dalla crescita: quando miglioramenti nella produttività o recessioni causano disoccupazione, le persone perdono l’accesso a beni essenziali – anche se la produzione di quei beni non è influenzata – e la crescita diventa necessaria per creare nuovi posti di lavoro e risolvere la crisi sociale.
Esiste un’alternativa a questa trappola: demercificare beni e servizi essenziali per eliminare la scarsità artificiale, garantire l’abbondanza pubblica, separare il benessere umano dalla crescita e ridurre le pressioni “crescitiste”.
Questa strategia ha numerosi vantaggi sociali ed ecologici diretti. Innanzitutto, migliora l’accesso delle persone ai beni necessari per una vita dignitosa, riducendo l’uso aggregato di energia e risorse e accelerando la decarbonizzazione. Tali risultati possono essere ulteriormente ottimizzati garantendo una forte governance democratica dei sistemi pubblici.
Insieme a una seconda politica chiave – la garanzia di un impiego pubblico – questa strategia porrebbe fine permanentemente all’insicurezza economica e risolverebbe la contraddizione attuale tra obiettivi sociali ed ecologici. Attualmente, è impossibile intraprendere passi ovvi verso la mitigazione del cambiamento climatico (come ridurre la produzione di combustibili fossili o altri settori dannosi) perché chi opera in questi settori perderebbe l’accesso a salario, alloggio, assistenza sanitaria, eccetera. Questo non può essere accettato. Con servizi universali e una garanzia di lavoro emancipatoria, possiamo proteggerci da qualsiasi insicurezza economica e garantire una transizione giusta. Non c’è contraddizione tra obiettivi ecologici e sociali: entrambi possono e devono essere perseguiti insieme.
Quando parlo di servizi universali, intendo non solo assistenza sanitaria e istruzione, ma anche alloggio, trasporti, cibo nutriente, energia, acqua e comunicazioni – i mezzi di sopravvivenza quotidiana. Devono essere servizi attraenti, di alta qualità, gestiti democraticamente e accessibili universalmente. Tale sistema garantirebbe un accesso equo ai servizi essenziali, riducendo l’uso complessivo di energia e materiali e facilitando la decarbonizzazione. Questi risultati possono essere ulteriormente ottimizzati garantendo una forte governance democratica dei sistemi pubblici.
Insieme alla garanzia di un impiego pubblico, questa strategia porrebbe fine permanentemente all’insicurezza economica, separando il benessere umano dalla necessità di una produzione aggregata in continuo aumento. Cambierebbe il panorama politico, consentendoci di perseguire azioni climatiche necessarie senza rischi per l’occupazione e il sostentamento, migliorando gli esiti sociali, riducendo le disuguaglianze e facilitando una transizione verso un’economia più giusta ed ecologica.
Queste politiche dovrebbero essere le richieste principali di un movimento unito per il clima e il lavoro. Servizi universali, garanzia di lavoro, salari dignitosi, settimana lavorativa più breve: queste sono proposte popolari che potrebbero fornire la base per un ampio sostegno politico. Per il movimento del lavoro, è necessario smettere di credere che la crescita capitalistica possa magicamente porre fine alla disoccupazione, garantire salari dignitosi e introdurre democrazia sul luogo di lavoro, cosa che non accade mai. Dobbiamo invece lottare per raggiungere direttamente questi obiettivi. E per il movimento climatico, spesso accusato di ignorare le condizioni materiali delle comunità operaie, questa strategia affronta esigenze reali e crea una base per alleanze con formazioni di classe operaia. Questo è il movimento politico di cui abbiamo bisogno.