Decrescita

Nel corso dell’ultimo quarto di secolo dal suo comparire sulla scena del dibattito politico-culturale, la parola “decrescita” ha acquisito diversi significati. Se inizialmente poteva sembrare solo una invocazione polemica (slogan, parola “bomba”, parola blasfema…) lanciata contro il culto della crescita economica officiato dai governi di tutto il mondo di ogni orientamento politico, successivamente si è affermata invece l’idea che le varie società, in varie modalità e forme culturali, possano orientarsi verso la decrescita, che sarebbe in grado di dar forma a un modo migliore di vita per le varie le popolazioni della Terra. [vedi STORIA].

Grazie principalmente ai lavori teorici di Serge Latouche e ad esperienze pionieristiche promosse da gruppi di iniziativa locali (gruppi di autoproduzione, gruppi d’acquisto solidali, comunità intenzionali, strumenti di scambio non monetari, campagne di contestazione della pubblicità e dell’obsolescenza programmata, movimenti contadini ed altro ancora), il pensiero della decrescita è emerso come una delle più radicali critiche del sistema socio economico dominate, ma anche come punto di riferimento etico-morale sia per le lotte contro la catastrofe ecologica e bellica, sia per quelle per la giustizia sociale. [vedi DEFINIZIONI]

La ragione dell’aumento di interesse per la decrescita dipende indubbiamente dall’emergere drammatico della crisi che attraversa la modernità occidentale nel suo complesso, giunta alla fase della globalizzazione neoliberale, e dal fallimento di tutti i tentativi politici di riformare il sistema rimanendo all’interno delle sue logiche di  sviluppo, di estrazione di valore dalle risorse naturali (umane e non), di produzione di merci qualsiasi, di competizione tra gli agenti economici, di accumulazione monetaria, di volontà di dominio degli stati. In particolare, le analisi critiche avanzate dal pensiero della decrescita hanno messo a nudo l’inefficacia, quando non si tratta di vere e proprie truffe, delle proposte di “sviluppo sostenibile”, “capitalismo verde”, “green economy”, “smart city” e così via dicendo, fino alle varie formulazioni di “green deal” che avrebbero dovuto “disaccoppiare” (decoupling, è la parola magica usata) la crescita dai suoi effetti distruttivi. [vedi ANALISI]

Tuttavia, non si può certo dire che le proposte avanzate dai movimenti che sostengono l’idea della decrescita siano fin qui riuscite ad influenzare le decisioni delle istituzioni politiche, men che meno le scelte dei conglomerati industriali-finanziari e delle oligarchie economiche oggi imperanti. Le stesse organizzazioni ambientaliste e sociali sinceramente preoccupate del progressivo aggravamento delle condizioni biofisiche del sistema Terra e del deterioramento delle condizioni di vita della stragrande maggioranza dei popoli del mondo sono titubanti nel sostenere una netta fuoriuscita dal sistema della crescita economica.  [vedi PROPOSTE]

I gruppi, i ricercatori, le associazioni, i movimenti che ritengono necessario avviare rapidamente un processo di trasformazione ispirato alla decrescita sono quindi impegnati a trovare i modi per attivare il “freno a mano” (il richiamo è a Walter Benjamin) del treno lanciato verso la morte. Dato che non esiste una decrescita con la “D” maiuscola e dato che la decrescita non ambisce a diventare una teoria compiuta e definibile una volta per tutte e in tutti i diversi contesti territoriali, storici, sociali, politici, è evidente che vi possono essere modi diversi di intenderla, interpretarla, incarnarla nella vita reale. La decrescita si configura quindi come un movimento plurale, aperto, fecondo, che si misura sul campo concreto dei conflitti in corso contro le forze dominanti che operano per la distruzione del pianeta. Tuttavia, nella ricerca della rotta da seguire i sostenitori della decrescita ritengono che vi siano delle stelle polari verso cui tenere puntato il sestante, anche quando vi siano condizioni avverse che li obbligano a fare tappe intermedie in porti sconosciuti. Fuor di metafora, non abbiamo in tasca nessuna verità predefinita, se non che le popolazioni del pianeta si salvano assieme – nessuna può farlo isolatamente. I punti di riferimento da non perdere mai di vista sono pochi, ma essenziali: il predominio del fare economico su ogni altra attività umana è una condizione storico-culturale che deve essere messa in discussione; senza liberazione dalle costrizioni cui le singole persone sono obbligate dal sistema della crescita economica non vi potrà mai essere né benessere, né felicità; le attività umane interagiscono con la rete della vita e dipendono dalle basi biologiche che supportano ogni tipo di organizzazione sociale; la trasformazione è un processo di cambiamento della visione del mondo di tipo culturale, antropologico, spirituale. [vedi PRINCIPI]

Per discutere e fare assieme le cose che servono per far avanzare l’idea della decrescita c’è bisogno di organizzazione. Minima, leggera, orizzontale, volontaria… ma capace di allargare il confronto, sostenere le iniziative locali, partecipare alla elaborazione nella rete dei gruppi, dei comitati e delle altre associazioni che operano a livello internazionale (International Degrowth Network). L’Associazione per la decrescita è quindi uno strumento utile, senza alcun’altra ambizione (identitaria, politica, accademica, di potere) se non quella di essere a servizio di un più ampio movimento di trasformazione della società. [vedi ASSOCIAZIONE E LA RETE INTERNAZIONALE ]