Di Remo Ronchitelli, socio dell’Associazione per la decrescita e membro del Gruppo Transizione (gruppo interassociativo fra Associazione per la Decrescita e MDF). Per ulteriori approfondimenti sul “caso Saito” e sul recente dibattito intorno al “comunismo della decrescita” si rimanda al nuovo numero dei Quaderni della decrescita e a questi altri articoli pubblicati sul nostro sito https://www.decrescita.it/?s=saito 

Kohei Saito lavora come professore associato all’Università di Tokyo. Ha lavorato un anno in California ed altri anni a Berlino sui manoscritti che raccolgono le annotazioni di ricerca vergate al British Museum di Londra da Marx. Questi manoscritti sono stati interpretati, ordinati e raccolti nell’ultima edizione completa degli scritti di Marx ed Engels, MEGA, che sta per Marx Engels GesamtAusgabe e si compone di più di un centinaio di volumi. Da questa lettura Kohei Saito ha tratto il suo primo libro “Capitalism in the Anthropocene”, pubblicato in Giappone nel 2020 e ripubblicato in Inglese nel 2024 con il titolo “Slow Down – How Degrowth Communism Can Save The Earth”. Questo libro in Giappone ha venduto circa mezzo milione di copie. Qui propone in forma divulgativa la sua visione politico economica riassunta nella formula “Degrowth Communism”, dove la decrescita sta come “premessa” del comunismo, inteso come una possibilità alternativa al capitalismo tutta da costruire con metodi radicalmente democratici attraverso la protesta e la disobbedienza civile ma soprattutto lo sviluppo di cooperative e la costruzione pratica di movimenti di solidarietà, coesione, fiducia sociali. 

Saito si pone sulle tracce di Marx del cui pensiero ha studiato il graduale processo evolutivo. Partendo da posizioni produttiviste, eurocentriche, legate al concetto di un progresso storico lineare e deterministico, prive di attenzione all’ambiente, Marx arriva gradualmente a posizioni radicalmente contrarie. Marx scopre durante la stesura del volume I del Capitale gli inizi della graduale distruzione della natura da parte del capitalismo, soprattutto con la deforestazione e l’uso speculativo della chimica in agricoltura. Poi, indagando le società comunali antiche basate sulla proprietà collettiva dei beni comuni come il Mir russo o il Markgenossenschaft (Associazioni Cooperative di un Territorio o Marca) delle tribù germaniche dell’epoca romana, scopre che l’equilibrio tra la produzione e riproduzione delle società umane e la natura, che lui chiama “Metabolismo” o “Interazione metabolica tra uomo e natura”, si basa sull’intenzionale stato stazionario della loro economia, cioè del loro “modo di produzione” secondo il modello marxiano. Dice esattamente Saito, cap.4, p.112: “Guardate come il metabolismo è diventato un nuovo asse teorico del pensiero di Marx. In cima a questo, vediamo Marx sudare sangue mentre si allontana dalla sua convinzione sulla storia come progresso, arrivando infine a una concezione completamente nuova della storia. 

La sua ricerca sull’ecologia e sulle società comunitarie del mondo non occidentale e precapitalista è stata assolutamente essenziale per costruire la sua nuova visione della rivoluzione.”. Marx sviluppa così l’ipotesi che una economia stazionaria era ed è l’unico modo per mantenere in equilibrio il metabolismo tra la produzione e riproduzione delle società umane e la natura. Saito chiama questa “struttura produttiva”: decrescita. Anche le società antiche hanno conosciuto crisi ecologiche, per esempio l’Egitto e la Grecia. Ma nessuna ha potuto avvicinarsi alla distruzione completa degli ecosistemi dell’intero Pianeta come il capitalismo. Dice Saito: “Secondo Marx c’è qualcosa che lega gli umani alla natura in un modo distinto dagli altri animali. Questo elemento è il lavoro. Il lavoro è una attività unica degli umani che media e determina la relazione metabolica tra loro e la natura…I capitalisti cercano sempre di creare tanto valore quanto possono il più velocemente possibile. Questo porta il capitalismo a distruggere il legame metabolico tra umanità e natura”. Da qui la sua rivalutazione del “modo di produzione” di queste società come possibile modello per il passaggio diretto al comunismo secondo la formula “Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo le sue esigenze” (Critica al Programma di Gotha). 

Questo modello che Saito definisce “Degrowth Communism” viene confermato in positivo (il sistema metabolico funziona) da tutte le esperienze storiche precapitaliste e in negativo dalla storia capitalista (il sistema metabolico si spezza). Saito propone questa citazione dal volume III del Capitale: “ In questo modo la grande proprietà fondiaria produce condizioni che provocano una frattura irreparabile nel processo interdipendente tra metabolismo sociale e metabolismo naturale prescritto dalle leggi naturali del suolo. Il risultato è uno spreco della vitalità del suolo, e il commercio porta questa devastazione ben oltre i confini di un singolo paese.” Ma c’è di più, Marx scopre il nesso logico e storico tra decrescita o sostenibilità e uguaglianza sociale o comunismo. Il comunismo agrario del Mir russo o il Markgenossenschaft delle antiche tribù germaniche può essere un modello (da adattare ovviamente ai tempi presenti) di passaggio diretto al comunismo. Marx scopre l’intreccio tra eguaglianza e sostenibilità ambientale.

Cito il paragrafo “La base di un nuovo comunismo – Sostenibilità e uguaglianza sociale” dal libro  di Saito, cap.4,: “ Allo stesso tempo (nel Markgenossenschaft), poiché la terra non apparteneva a nessuno [Nota di RR: era ruotata anche con sistemi di scelta casuale o lotterie tra i vari “commoners” della Comunità, quindi non si potrebbe nemmeno parlare di una totale assenza di proprietà privata, che esisteva per un tempo limitato e comportava regole severe da rispettare nei confronti della Comunità ma di un sistema molto più sofisticato], era protetta dall’uso eccessivo da parte di un singolo proprietario. Ciò finì per garantire che la terra fosse utilizzata in modo sostenibile. Questa è la connessione intima tra uguaglianza sociale e sostenibilità. È proprio questa connessione intima che ha inoculato questi beni comuni contro il capitalismo e che potrebbe spianare la strada alla loro transizione diretta al comunismo. Marx sarebbe diventato sempre più interessato a esplorare questa possibilità. “Non si può ovviamente aspettare lo stadio finale del capitalismo che rappresenta un pericolo mortale per l’intera umanità ma studiare le vie per realizzare da subito questo nuovo (e antico) tipo di comunismo basato sui Commons. Bisogna riconoscere a Marx una eccezionale capacità analitica di previsione e di revisione delle sue teorie, una profonda flessibilità a rivedere la sua visione. Saito lo definisce un “profondo cambiamento nel suo sistema di valori”. 

Il “comunismo” di Saito non ha nulla a che fare con l’esperienza russa o cinese. Saito propone un “socialismo partecipativo” alla Piketty e una democrazia radicale fondata sia politicamente (municipalismo) sia economicamente (autogestione dei lavoratori nella produzione). La premessa, la decrescita, è intesa come una “steady state economics”, senza crescita, una economia di stato stazionario che gestisce democraticamente i beni comuni necessari alla produzione e riproduzione sociale. Saito racconta nell’intervista al Guardian (vedi sotto) di aver vissuto in Giappone due importanti esperienze umane dirette e drammatiche: la precarietà del lavoro e il disastro ecologico della centrale nucleare giapponese di Fukushima, conseguente un rarissimo e terribile terremoto di scala 9. La precarietà del lavoro, di qualunque lavoro, tocca il motore della valorizzazione capitalistica che è al centro delle teorie di Karl Marx. Il disastro di Fukushima evidenzia i rischi e i limiti che l’uso attuale della tecnoscienza comporta nella relazione tra Uomo e natura. Siamo obbligati a rivedere il nostro rapporto con la natura e la tecnoscienza che produciamo per “dominarla”. Questa tecnoscienza pervasiva di ogni aspetto della nostra “stile di vita imperiale” è secondo Saito una tecnoscienza “chiusa”, secondo la definizione di Gorz o “non conviviale” secondo Illich. Per diventare un Bene Comune anch’essa, diffusa e decentralizzata, governata dalle Comunità e dai lavoratori, si deve “aprire”. Nato nel 1987 non ha vissuto il trauma dei marxisti per il crollo della ex Urss, lo Stato che aveva monopolizzato il marxismo con la versione prima leninista e poi stalinista, riducendo Marx ad una vuota icona di regime. Questo gli ha permesso di rileggere Marx e scoprire i progressi del suo pensiero. Saito articola la sua proposta con un’analisi storica, economica, politica e culturale. 

Nella sua proposta di Degrowth Communism, unisce la critica di base del capitalismo di Marx, cioè la critica del profitto come motore sociale dominante sia sulla Cultura che sulla Politica, alla decrescita intesa come Exit Strategy necessaria, fondata su equi rapporti politici economici e culturali tra Nord e Sud del Mondo, uno stile di vita alternativo rispettoso della natura nella piena abbondanza dei beni comuni, un modo di produzione che prenda esempio dalle economie (e dalle culture) dei popoli nativi e delle società comunali. E’ necessaria una modifica dello stile di vita per i paesi del Nord del Mondo che chiama “stile di vita imperiale” mentre il Sud del mondo deve accedere ad uno stile di vita moderno e soddisfacente. Fornisce così un’analisi completa e tendenzialmente egemonica perchè la sua proposta copre tutte e tre le necessarie componenti vitali della struttura sociale: Economia, Politica e Cultura intesa come stile di vita. 

Nell’analisi di Saito due punti meritano un’attenzione speciale. Il primo punto stabilisce che è lo “stile di vita imperiale” dei popoli del Nord del Mondo sviluppato dal capitalismo a distruggere la natura e il Sud del Mondo. Sono i popoli del Sud del Mondo che ne subiscono gli effetti in due modalità; da un lato sono soggetti alla predazione di risorse naturali e di forza lavoro umana (ricordiamoci le schiavitù passate e presenti), dall’altro sui loro territori viene “esternalizzata” la crisi ecologica dovuta alla produzione capitalistica. Ad esempio tocca soprattutto a loro subire gli effetti dell’eccesso di CO2 che essi non producono. Questa situazione va dichiarata apertamente e sanata attraverso la solidarietà internazionale ed un nuovo tipo di economia. A tal proposito Saito è esplicito (“Slow Down”, p.31): “Nel capitolo precedente abbiamo visto che il capitalismo è un sistema che sfrutta non solo l’umanità ma anche l’ambiente naturale. Inoltre, alimenta la crescita economica spostando il costo di tale sviluppo sulla periferia. Finché questa esternalizzazione dei costi procede senza intoppi, noi che viviamo nel Nord del mondo possiamo godere di uno stile di vita ed evitare di soffrire le conseguenze delle crisi ambientali. Ecco come siamo stati in grado di evitare di pensare seriamente al vero costo dei nostri stili di vita espansivi. In questo modo, il sistema capitalista stesso è la ragione principale per cui la crisi ambientale è diventata così grave come è diventata. Coccolati dall’invisibilità dei costi del nostro stile di vita, quelli di noi che vivono nel Nord globale sono stati in grado di voltare le spalle alla realtà, ignorando il debole sentore di consapevolezza che solleticava i bordi della nostra coscienza, e ora abbiamo esaurito il tempo per prendere misure per affrontare il pericolo.”

Il secondo punto è la negazione che sia il capitalismo a generare l’abbondanza. Il capitalismo genera scarsità, vedi ad esempio la povertà dei popoli del Sud del Mondo o il degrado delle condizioni di vita al Nord del Mondo con lo smantellamento del welfare state. Il capitalismo nasce sequestrando i beni comuni delle “arcaiche” economie che l’hanno preceduto, acqua, terreni, foreste, miniere e creando una massa di “poveri” che non avevano alternative al lavoro salariato di fabbrica. E’ vero invece che riattivare un’economia dei Commons a crescita zero significa abbondanza, l’abbondanza dei Commons appunto. Gli stessi Commons che ora ci mancano: casa, cibo sano, servizi essenziali, tempo libero. La ricostruzione dei Commons in cui consiste quello che Saito chiama “comunismo”, può iniziare subito, qui e ora. Si può trattare di un referendum per l’Acqua Bene Comune, di un orto collettivo gestito da migranti che fornisce di verdura fresca le famiglie bisognose, la riutilizzazione a scopo culturale formativo di edifici pubblici dismessi ed infinite altre. Tutto questo è “comunismo”. Sono le relazioni di empatia, coesione, cooperazione, fiducia reciproca, costruzione progettuale attiva, che danno la spinta vitale al Movimento generale verso un nuovo modello di società. 

Sul piano politico tutti i movimenti di resistenza al capitalismo sono utili per arrivare ad una disobbedienza civile non violenta che rovesci l’attuale situazione di potere. Basta arrivare ad una consistenza di partecipazione del 3,5% della popolazione per raggiungere lo scopo della protesta. E’ possibile così una fusione tra i vari movimenti che chiedono giustizia sociale a livello nazionale e a livello internazionale, giustizia tra Nord e Sud del mondo e per tutti i lavoratori, con i molteplici movimenti che difendono la natura in tutte le sue espressioni. È possibile una fusione tra Rossi e Verdi fondata sulla comprensione profonda delle cause che hanno impoverito le società umane e distrutto l’ambiente. Parliamo del capitalismo. 

Kohei Saito ha scritto nel 2022 un altro libro che approfondisce la “Degrowth Communism”: “Marx in the Anthropocene: Towards the Idea of Degrowth Communism” disponibile online. 

Inoltre questo articolo del Guardian sull’ultimo libro di Kohei Saito può essere utile come introduzione: https://www.theguardian.com/environment/2023/feb/28/a-greener-marx-kohei-saito-on-connecting communism-with-the-climate-crisis/